Un mondo di aristocratici e servitori: è quello che teme Larry Summers, economista tra i più intelligenti, ex segretario al Tesoro americano nell’Amministrazione Clinton, ex presidente della Harvard University.
In un commento pubblicato ieri sul quotidiano Financial Times, ha scritto che l’effetto cumulativo della quota crescente di reddito prodotto che va ai profitti e la quota calante che va al lavoro, e dunque la disuguaglianza crescente tra l’1% più ricco e il resto della società, «è che gli Stati Uniti possono facilmente essere sulla via di diventare una Downton Abbey economy». Una nuova categoria socioeconomica tratta direttamente dalla serie televisiva di enorme successo in Gran Bretagna e America, appunto Downton Abbey, dove si intrecciano la storia della famiglia aristocratica Crawley e quella della sua schiera di servitori, un secolo fa.
Al di là della brillante definizione usata per definire uno dei problemi più discussi del momento, la crescente divaricazione dei redditi tra i pochissimi più ricchi e il resto, nella sua analisi Summers tocca un punto importante. Dice che per affrontare la disuguaglianza in aumento non servono politiche pubbliche che si limitano a ridurre (con tetti alle entrate o con più tasse) i guadagni della fascia più ricca della popolazione: «Devono anche innalzare i redditi della classe media e dei poveri». Propone ad esempio di chiudere le scappatoie fiscali che solo i più ricchi possono utilizzare, per abbassare le tasse agli altri. Soprattutto, invita i liberali a trovare soluzioni, nella convinzione che il problema non sparirà da solo e che sia meglio trattarlo con soluzioni di «libero mercato». Il dibattito non è interessante solo per gli Stati Uniti ma anche per l’Europa: il fenomeno della disuguaglianza crescente è simile e, soprattutto, è destinato a crescere allo stesso modo via via che le macchine - il digitale e i robot - sostituiscono il lavoro umano. Servono idee, prima che la «Downton Abbey Economy» provochi risposte autoritarie
"Siamo inondati dalle immagini di Hollywood e da una visione del mondo filtrata attraverso lo sguardo yankee. Poi vai negli USA e ti accorgi che la realtà è diversa da come gli americani la raccontano, il che ti fa pensare che il modo in cui vogliono essere visti sia lo specchio di un disagio rispetto a quello che effettivamente sono" (A. Dominik, regista australiano)
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