mercoledì 3 gennaio 2018

VIOLENZA MADE IN USA. OHIO. G. OLIMPIO, La strage dell’Ohio: la famiglia sterminata da un misterioso killer (che ha graziato solo i neonati), CORRIERE DELLA SERA, 2 gennaio 2018

a pietà verso i bambini

Kenneth Rhoden non si fidava del prossimo. Per questo aveva piazzato attorno alla proprietà delle videocamere che dovevano affiancare la sorveglianza del suo pit bull. Non sono servite, perché qualcuno le ha messe fuori uso, si è introdotto nel camper e ha liquidato Kenneth. Poi se ne è andato lasciando sul cadavere banconote di piccolo taglio. Quasi mille dollari, dicono. Forse meno. Oppure nulla. Adesso conta poco. Kenneth Rhoden non è stato l’unico la notte tra il 21 e il 22 aprile del 2016. Lui è stata la vittima numero 8, l’ultima. Prima hanno fatto fuori altre sette persone, tutte imparentate e sparpagliate in case stile prefabbricato, a quindici minuti distanza, a Peebles, un paesetto a 40 chilometri da Cincinnati, Ohio (nella foto sopra, l’area dove è avvenuta la strage della famiglia Rhoden).



I rapporti della polizia confermano: la prima chiamata d’allarme è arrivata alle 7.49 del mattino, quando la signora Bobby Manley ha raggiunto la fattoria della sorella. Prima ha visto il sangue, abbandonante e ovunque, quindi i corpi. La segnalazione è stata girata allo sceriffo Charles Reader che aveva programmato di stare lontano dal lavoro, almeno quel giorno, per dedicarsi alla moglie. Invece tutto all’aria, con orrore e dolore per le vittime. Non poche. Ecco la lista, rinvenute in quattro punti diversi: Christopher Rhoden, 40 anni; la ex moglie Dana Rhoden, 37; il figlio Christoper Rhoden jr, 16 anni; la figlia Hanna, 19 anni; l’altro figlio Clarence «Frankie» Rhoden, 20 anni; la sua ragazza Hannah Giley, stessa età; il cugino Gary Rhoden, 38 anni. A chiudere Kenneth, a Piketon. Gli assassini non hanno avuto pietà per gli adulti, sorpresi nei loro letti, ma l’hanno avuta per tre bambini, recuperati senza un graffio. Ruger, appena 6 mesi, era accanto al papà Clarence e alla mamma Hannah. In una stanza accanto Frankie, 3 anni, nato da un’altra relazione. Quindi Kilye di 4 anni, figlia di Dana. È in questo mattatoio che dozzine di investigatori si mettono a cercare, un lavoro gigantesco (nella foto sotto, i membri della famiglia Rhoden assassinati da killer misteriosi).


Il silenzio degli inquirenti

L’area da esplorare è ampia. Ci sono le tre «fattorie» più il camper di Piketon, tutto abbastanza isolato. Nelle proprietà un maiale, 14 cani, 100 polli. Presenze normali per questo villaggio rurale. Come sono «normali» le coltivazioni illegali di marijuana individuate, al coperto, sul retro. Nella contea di Pike non è certo la prima volta che le scoprono, c’è chi si arrangia e arrotonda. In passato l’antidroga ne ha neutralizzato alcune e in un paio di casi sono emersi legami con i cartelli messicani in trasferta. Gli uomini dello Sceriffo, continuando la perlustrazione, recuperano segni evidenti di combattimenti tra galli, passione che attira molti e, di nuovo, può portare ad una pista messicana. I Rhoden gestivano duelli tra pennuti armati di rostro? All’inizio, la procura mette tutto nello stesso canestro sperando di beccare il pezzo giusto. Senza però riuscire a far passi avanti, almeno nell’immediato. Tanto è vero che durante una ormai celebre conferenza stampa gli inquirenti non replicano a 14 domande dei giornalisti, rispondono a 7 e danno indicazioni parziali per altre 8. Numeri che sintetizzano la montagna da scalare (nella foto sotto, un volantino dello Sceriffo con la richiesta d’aiuto per risolvere la strage). 


L’ipotesi del team di annientamento

Gli agenti devono anche capire quanti fossero i killer. Difficile pensare che lo sterminio dei Rhoden sia avvenuto per mano di una sola persona. O meglio, all’inizio lo Sceriffo non lo ha escluso, anche se in seguito si è passati ad un disegno diverso, con l’azione condotta probabilmente da più persone. Chi ha preparato l’attacco ha dovuto pensare a come raggiungere velocemente i molti bersagli. Otto persone. Non erano nella stessa casa, bensì in luoghi diversi. E oltre a questo dettaglio, c’era sempre la possibilità di un gesto di autodifesa. Ecco perché la ricostruzione propende per un team di annientamento, che conosce bene la zona, sa come arrivare senza essere scoperto e scappare evitando di lasciarsi dietro prove compromettenti. Le autopsie raccontano che i sicari si sono accaniti sul capo famiglia, Christopher Rhoden. Aveva segni di percosse, quindi i fori di 9 proiettili: su torso, gambe e testa. La sua ex compagna, Dana, l’hanno freddata sparandogli al capo e al collo. Tutte le altre vittime picchiate e liquidate con tiri sempre alla testa. Da due a cinque. Solo uno — fatale — per Kenneth. La somma finale è di 32 pallottole usate. Volevano solo farli fuori? O cercavano qualcosa? È stata una spedizione punitiva? Su media si insiste molto sulla mano dei narcos messicani, scenario che, con il passare dei giorni, perde consistenza, lasciando l’attenzione sul nemico interno, locale. Molti sono convinti che i killer conoscessero la famiglia, le sue abitudini, persino i cani da guardia. E allora gli sguardi investigativi puntano la realtà della regione (Una delle ipotesi è che la strage sia legata a traffici di droga, in particolare alla produzione di marijuana. Nella foto sotto, una coltivazione).


Il «trasloco» della scena del massacro

La contea di Pike ha 28 mila abitanti, di cui 2.158 a Piketon. È una terra dove la disoccupazione supera l’8 per cento. Seguendo questo filo lo Sceriffo scava nel passato recente del clan. Christopher Jr. e il fratello, definiti dei «bulli maneschi», hanno avuto dei guai per il pestaggio di un giovane, un rivale nelle corse d’auto. Una storia personale potrebbe aver innescato una catena di violenza cieca. Ma anche questo sentiero si perde nella foresta delle supposizioni. Sotto pressione, temendo di aver perso qualcosa, i tecnici della Scientifica decidono una mossa spettacolare: spostano in un deposito i tre trailer, le scene del massacro. Un modo per studiare meglio — in teoria — i dettagli e, al tempo stesso, preservarli dai vandali. Alla fine, però, le casette restano esposte comunque a sguardi e possibili intrusioni. Il caso dorme, rischia di finire tra quelli sospesi, accompagnato da scetticismo e critiche. Invece arrivano sviluppi. In maggio una task force di unità speciali entra nella ex abitazione di Edward Jake Wagner, una volta fidanzato con Hannah e dalla quale ha avuto una figlia. Mettono tutto sotto sopra, se ne vanno muti (nella foto sotto, gli inquirenti mentre spostano «la scena del delitto» — alcune casette prefabbricate — in un deposito).


L’ipotesi del contrasto tra famiglie

Pochi giorni dopo arriva un altro tassello. Intrigante. James Manley, fratello di una delle vittime, distrugge un localizzatore GPS che la polizia ha piazzato sotto il telaio del suo pick up. Volevano marcarlo stretto, per una ragione. L’uomo, alle 2 di notte del 21 aprile — la notte del massacro — , ha inviato un messaggino proprio a Wagner. Strano. La coincidenza si tira dietro cattivi pensieri, rispunta l’idea di un contrasto tra famiglie. La procura, invece, invita alla prudenza, afferma che Manley «non è una persona di interesse». Non è finita. A fine giugno le autorità sollecitano la collaborazione dei cittadini per ottenere informazioni su Edward Jake Wagner, il fratello George Wagner IV, i genitori George «Billy» Wagner III e Angela Wagner. Lo Sceriffo non ha alcun ordine di arresto per la famigliola oggi trasferitasi in Alaska, a Kenai, tempio del salmone e della trota. E si rifiuta di definire gli individui sospetti, ma lascia ai giornali le deduzioni. Tra queste la più facile: ci sono degli indizi, però non sono sufficienti per inchiodare i responsabili. Serve una mano per scoprire se davvero c’è stata una faida letale, i Wagner contro i Rhoden. I parenti dei primi li difendono sostenendo che non c’è nulla di compromettente, giurano che nessuno di loro avrebbe mai compiuto un tale eccidio. Il legale parla di persecuzione da parte delle autorità e ribadisce che i suoi assistiti hanno sempre collaborato. I familiari delle vittime aspettano, come attendono gli investigatori. Vai a sapere se la verità è vicina (nella foto sotto, i 4 membri della famiglia Wagner: la polizia sospetta un loro coinvolgimento, ma non sono mai stati incriminati).

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