Un disegno di legge approvato in giugno dal parlamento di New York e in attesa di essere controfirmato dal governatore Andrew Cuomo estende infatti lo status di “artisti bambini”, categoria a cui appartengono attori, ballerini e musicisti, ai modelli minori di 18 anni. Nel caso la legge passasse in via definitiva entro inizio agosto – scenario ancora tecnicamente possibile ma politicamente incerto – potrebbe entrare in vigore già a partire dalla prossima settimana della moda, in calendario dal 5 al 12 settembre.
L’impatto della legge sarà molto più dirompente di quello dei codici di autocondotta sull’utilizzo di modelle under 16 finora adottati, tra gli altri, da Vogue e dal Council of fashion designers of America, perché la sua applicazione non sarà soggetta alla discrezionalità dei singoli datori di lavoro.
“Rendendo più complicata l’assunzione di minorenni, la legge potrebbe anche scalfire il paradigma di donna androgina che ancora va per la maggiore sulle passerelle”, spiega Susan Scafidi, professoressa alla Fordham University di New York ed esperta di “fashion law”. “A 14 anni le ragazze alte tendono a essere molto filiformi di natura. Arrivate più o meno a 18 anni però il corpo cambia – dice Scafidi – Sarebbe un passo avanti vedere sulle passerelle donne leggermente più carne anziché eterne adolescenti sempre magre”. Oltretutto, conclude Scafidi ”per ora non esistono sanzioni di alcun tipo”.
Tre le novità maggiori introdotte dal punto di vista legale: pausa di almeno 12 ore tra una sessione di lavoro e quella successiva, termine della giornata fissato massimo a mezzanotte e, per gli under 16, presenza obbligatoria di un accompagnatore. Le restrizioni attualmente in vigore – più blande di quelle previste dalla nuova legge – sono di competenza del Dipartimento dell’educazione. Con il passaggio del nuovo provvedimento la protezione delle modelle-bambine passerebbe invece sotto la giurisdizione del Dipartimento del lavoro, tradizionalmente più attento alla tutela dei cosiddetti “artisti bambini”.
Secondo la Model alliance, un’organizzazione no profit di New York che ha contribuito alla stesura del disegno di legge, più della metà delle indossatrici inizia a lavorare tra i 13 e i 16 anni. E modella-bambina lo è stata anche Rachel Blais, 27 anni, volto simbolo del documentario-denuncia “Girl model” dopo una carriera in cui ha posato e sfilato, tra gli altri, per Vogue, Madame Figaro e Gianfranco Ferrè. Mannequin ad appena 16 anni a Montreal, a 17 si trasferisce inizialmente a Milano senza sapere né l’inglese né l’italiano e da lì inizia a girare il mondo. Londra, Parigi, Tokyo, New York. “La lingua era un bel problema”, racconta. Ma non il solo: appartamenti costosissimi, agenti non sempre affidabili, colleghe ancora più giovani – di 14 e 15 anni – in balia di loro stesse dopo aver abbandonato più o meno consapevolmente scuola, famiglie e amici. E poi i ricatti: “Chi parla rischia di perdere il lavoro”. La legge, per la Blais – che sul suo sito si definisce “modella, militante e conferenziere” - è un’ottima cosa ma “c’è ancora molto da fare”. Susan Scafidi concorda: abusi sessuali, poca trasparenza sui contratti e pressioni psicologiche sulle modelle per farle diventare più magre rimangono problemi aperti e irrisolti all’interno del sistema moda.
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