domenica 9 agosto 2015

LA CONDIZIONE MASCHILE NEGLI USA. L. MASTRANTONIO, Gli uomini sono confusi. e parte un master in mascolinità, CORRIERE DELLA SERA, 9 agosto 2015

Prima di andare avanti a leggere, pensate a cosa vuole dire, per voi, esser un «uomo buono». Fatto? Ora pensate a cosa vuole dire essere un «vero uomo». Bene, avete appena partecipato alla prima lezione del master in «Studi sulle mascolinità» del professore di sociologia Michael Kimmel, che dirige il Center for the Study of Men and Masculinities alla Stony Brook University, Stato di New York.



Come racconta sul New York Times Jessica Bennett, allo stupore degli studenti
Kimmel ha reagito invitandoli a immaginare che la frase «era un brav’uomo» venga detta al loro funerale; espediente narrativo efficace, oltre che macabro e formidabile lapsus (vuole celebrare il funerale del vecchio maschio monolitico). Kimmel ha poi tracciato sulla lavagna due colonne; da una parte «l’uomo buono»: cioè premuroso, altruista, onesto; dall’altra il «vero uomo» (qui le risposte sono arrivate più rapidamente): ovvero autoritario, che sa rischiare, che vince la debolezza, che cammina come un vero uomo e non piange mai… Sorpresi dalla diversità delle risposte? Ci sono molti modi di essere uomini, ha chiosato Kimmel, che spiega come la teoria di genere, vessillo del femminismo e delle comunità omo e bisex, vada applicata anche ai maschi.
Così le neo-femministe esulteranno e le sentinelle cattoliche scatteranno in piedi allarmate; i post-comunisti italiani, invece, penseranno di aver anticipato i tempi quando nel 1977 nelle sale usciva Berlinguer ti voglio bene di Giuseppe Bertolucci, con Roberto Benigni: siamo in un circolo rosso, dove si discute di tematiche femminili e, dal pubblico, un uomo lamenta, bofonchiando in toscano, che si sta trascurando il punto di vista maschile: «La donna, la donna, la donna… ma l’uomo?».
Non resta che un dubbio, di genere accademico: un master sulla mascolinità è un «buon master»? Ed è anche un «master vero»?

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