domenica 18 ottobre 2015

VERSO UNA NUOVA GUERRA FREDDA? S. PIERANNI, Usa e Russia, la guerra fredda torna nel vecchio Grande gioco, il manifesto, 18 OTTOBRE 2015

L’ormai certa deci­sione ita­liana, come quella tede­sca, di rin­no­vare l’impegno mili­tare in Afgha­ni­stan risponde alle esi­genze dell’Amministrazione ame­ri­cana che, forse ancor prima dell’annuncio pub­blico di Obama, si era già assi­cu­rata l’appoggio degli alleati. Ora manca solo che la Nato, che ha buoni motivi per farlo, for­ma­lizzi anche il suo in maniera sostan­ziale, tra­sfor­mando le moda­lità ope­ra­tive della mis­sione Reso­lute Sup­port in una per­ma­nenza che abbia a che fare assai più con la guerra che non con la sem­plice for­ma­zione dei qua­dri mili­tari afgani.


Le moti­va­zioni che hanno mosso Obama le cono­sciamo: la presa di Kun­duz da parte dei tale­bani, le sec­che del pro­cesso di pace, le spinte dei Repub­bli­cani e di parte dei Demo­cra­tici ame­ri­cani, le richie­ste — più o meno for­mali — di Kabul e soprat­tutto di Abdul­lah Abdul­lah, il pre­si­dente in seconda del governo bice­falo retto da Ash­raf Ghani in cui Abdul­lah rap­pre­senta soprat­tutto il Nord del Paese (dove Kun­duz si trova) e i cen­tri di potere della vec­chia Alleanza del Nord.
Sca­vando un po’ però — e se la geo­po­li­tica non è un’opinione – c’è forse qualcos’altro nel risve­glio ame­ri­cano: c’è un motivo stra­te­gico pro­fondo che si accom­pa­gna al desi­de­rio delle lobby mili­tari — in Ame­rica come in Europa — cui non dispiace affatto con­ti­nuare una mis­sione data per persa e per la quale invece si rico­min­cerà a spen­dere ancora molto men­tre si potranno testare nuovi tipi d’arma. Fac­ciamo un passo indietro.
Gli Usa hanno fir­mato con Kabul un patto si par­te­na­riato stra­te­gico sulla sicu­rezza che pre­vede di fatto il con­trollo su una decina di basi aeree nel Paese dell’Hindukush e la gestione totale della grande base di Bagh­ram, a due passi dalla capi­tale. Le basi signi­fi­cano garan­zia di pre­senza ope­ra­tiva in un’area stra­te­gica e soprat­tutto, almeno sino a qual­che mese fa, un buon posi­zio­na­mento in caso di una guerra con l’Iran che con l’Afghanistan confina.
Len­ta­mente e con fatica, ma alla fine con suc­cesso, Washing­ton e Tehe­ran si sono però riav­vi­ci­nati, raf­fred­dando le ten­sioni anche sul piano mili­tare. Dun­que ci si poteva riti­rare lasciando solo una pic­cola forza per con­trol­lare, comun­que, le basi aree. Ma adesso il qua­dro è cam­biato. Non è più Tehe­ran a pre­oc­cu­pare, o meglio lo è se si pensa al suo alleato più peri­co­loso per Washing­ton: Mosca. La Rus­sia sta ten­tando da tempo un riav­vi­ci­na­mento con Kabul che in parte sta funzionando.
E non è un caso che abbia bol­lato la recente scelta ame­ri­cana come un «passo for­zato … un’altra elo­quente testi­mo­nianza del com­pleto fal­li­mento della cam­pa­gna mili­tare por­tata avanti per 14 anni dagli Usa e dai suoi alleati in Afghanistan».
Ai russi pia­ce­rebbe infatti una nuova forza mili­tare che com­prenda i Paesi vicini a magari la Rus­sia stessa. Via la Nato dall’Afghanistan insomma, per far avan­zare un’altra pedina sullo scac­chiere mon­diale che al Nord vede la crisi ucraina e al cen­tro la nuova prova di forza in Medio oriente. Gli ame­ri­cani temono l’aggressività russa e cono­scono e temono il piano di riav­vi­ci­na­mento di Mosca che in que­sti giorni recita un man­tra ormai comune, quello dell’addestramento insuf­fi­ciente delle forze armate afgane che dun­que rischiano di soc­com­bere alla forza tale­bana. Il gioco appare abba­stanza chiaro: gli afgani sono degli inca­paci e ci vuole una mano. Washing­ton e Mosca sono pronti a offrirla.
E’ impor­tante arri­vare per primi in que­ste cose con la dif­fe­renza che Usa ed Europa a Kabul già ci sono. Non è pro­prio il caso di andar via. Meglio restare, in forze, un altro po’.

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