Questa non è la prima volta che si calmano gli animi di Wall Street con la promessa di un accordo commerciale con Pechino. Ogni volta si tratta di promesse da marinaio, ma i mercati ci credono lo stesso. Colpisce che lo abbiano fatto proprio questa settimana, di fronte al crollo dell’occupazione. E si badi bene gli indici attuali si riferiscono al periodo che termina il 18 aprile, mancano quindi altre settimane di lockdown, ciò significa che il prossimo mese avremo cifre peggiori. Non si è ancora toccato il fondo.
Ci si domanda come può un accordo commerciale con la Cina annullare l’impatto negativo di un tasso di disoccupazione al 14,7 per cento, il più alto del dopoguerra, quando tutte le industrie sono in contrazione. A che serve commerciare con la Cina o con chiunque altro quando la produzione è crollata e 35 milioni di persone sono senza lavoro? Quasi ogni settore è stato duramente colpito. L’industria manifatturiera ha tagliato 1,33 milioni di posti di lavoro ed i rivenditori 2,1 milioni. Anche l’occupazione nel settore della sanità è diminuita di ben 1,44 milioni di posti di lavoro a causa del Covid, e cioè la riduzione di visite mediche e procedure elettive.
Un’analisi più dettagliata delle statistiche della disoccupazione mostra la fragilità del mercato del lavoro prima della crisi. La tanto decantata piena occupazione di gennaio 2020 era in effetti una sotto-occupazione, con un numero altissimo di lavoratori nella gig-economy, privi di sicurezza o benefici.
A perdere per primi il posto di lavoro sono infatti stati i gruppi di lavoratori più deboli, quelli che difficilmente verranno riassorbiti nel breve periodo. La piramide è costruita sull’argilla è minata dal basso. I più colpiti sono gli adolescenti il cui tasso di disoccupazione è passato dal 14,3 per cento a marzo al 31,9 per cento ad aprile. Poi vengono gli ispanici. La disoccupazione per questo gruppo è passata dal 6 per cento al 18,9 per cento mentre per gli afro americani si è passati dal 6,7 per cento al 16,7 per cento. Anche le donne hanno subito un’impennata della disoccupazione. A marzo quella maschile e femminile era del 4 per cento ma ad aprile per le donne è salita del 15,5 per cento mentre per gli uomini è aumentata del 13 per cento.
In un anno elettorale queste cifre fanno tremare la Casa Bianca, ed infatti l’indice della popolarità di Donald Trump sta scendendo quasi tanto rapidamente quanto i tassi d’occupazione. Ma anche chi siede in parlamento teme di non essere rieletto a causa del crollo dell’economia. E’ molto probabile, quindi, che nella prossima settimana venga lanciato un quarto stimolo da parte del Congresso. Almeno nel breve periodo la Riserva Federale continuerà a pompare denaro nell’economia americana comatosa ed a tenere i tassi d’interesse vicini allo zero.
d ecco spiegato l’ottimismo di Wall Street. L’aumento vertiginoso della disoccupazione conta ben poco se nell’economia continua a circolare il denaro. Fin tanto che il governo stampa moneta per compensare la perdita dei salari dei disoccupati importa poco se 35 milioni di americani passano la giornata davanti a Netflix o sul posto di lavoro, ciò che conta è che abbiano abbastanza soldi per pagare l’affitto, il mutuo e far fronte ai consumi fondamentali. Naturalmente questa è una situazione eccezionale ed insostenibile nel medio periodo, basti pensare al ritorno dell’inflazione galoppante. Ma il mercato azionario è per definizione miope, quindi non sa guardare lontano e non conosce orizzonte.
I problemi strutturali dell’attuale contrazione si faranno sentire durate i mesi estivi, a prescindere dal ritorno o meno del virus. Allora il danno economico prodotto dalla chiusura dell’economia e le distorsioni create sul mercato finanziario da decenni di politiche dei tassi zero metteranno a nudo quanto effimera è stata la ripresa dal 2008 e quanto seria è l’attuale contrazione dell’economia.
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