Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump preme per una ripartenza rapida dopo il lockdown. Anche se significa correre dei rischi. “Non possiamo tener chiuso il nostro Paese per i prossimi cinque anni – ha detto durante la visita a una fabbrica di mascherine in Arizona – Alcuni saranno colpiti duramente? Sì. Ma dobbiamo aprire il nostro Paese e dobbiamo aprirlo presto”, ha incalzato. Trump ha poi ribadito il concetto ai microfoni di Abc News. Alla domanda sulla perdita di vite umane per riaprire l’economia, il presidente ha risposto che “sarà possibile, perché non resteremo confinati nelle nostre case”. Oggi negli Stati Uniti il numero di casi di coronavirus ha superato quota 1,2 milioni, mentre i decessi – dichiara la Johns Hopkins University – sono quasi 71.000.
Quanto alla task force, che “ha fatto un lavoro fantastico”, Trump ha spiegato che “continuerà a lavorare indefinitamente avendo come focus la sicurezza e la riapertura del nostro Paese” ma anche “i vaccini e le terapie“. Ieri il presidente aveva confermato la chiusura, tra fine maggio e inizio giugno del team, evocando un gruppo diverso e assicurando che i due massimi esperti, Anthony Fauci e Deborah Birx, continueranno a essere consultati.
Intanto prosegue il braccio di ferro diplomatico tra Cina e Stati Uniti. Domenica il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha affermato di avere “enormi prove” sul fatto che il coronavirus sarebbe “sfuggito” da un laboratorio di Wuhan. Un’ipotesi smentita con decisione dallo stesso Fauci e dalla maggior parte della comunità scientifica internazionale. Oggi arriva la risposta di Pechino: “Pompeo ha parlato molto negli ultimi tempi. Dice di avere enormi prove? Ce le mostri“, ha detto la portavoce del ministero degli Esteri Hua Chunying, in conferenza stampa. “Pompeo non può presentare evidenze, perché non ne ha. L’origine del Covid-19 è una questione per scienziati ed esperti“. Anche l’Australia chiede “un’inchiesta indipendente sulle origini del Covid-19”: il primo ministro Scott Morrison ha scritto ai leader del G20, tra cui il presidente cinese Xi Jinping, per chiedere di approvare la mozione in tal senso, che l’Australia si prepara a sostenere alla riunione in teleconferenza dell’organo direttivo dell’Omsil 18 maggio.
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