lunedì 31 ottobre 2011

USA E WALL STREET. CARLUCCI A., E le nuove regole non arrivano, L'ESPRESSO, 31 ottobre 2011

Quanti lamenti da Wall Street e dalle banche: "Saremo ingolfati dalla burocrazia e dalle carte per ottemperare alle regole". Oppure: "Aumenteranno i costi e diminuiranno i profitti". E perfino: "Non saremo messi in grado di competere sul mercato globale". Perché tanto piagnucolare? Semplice, la finanza degli Stati Uniti non gradisce in alcun modo le Volcker rules, ovvero i suggerimenti che l'ex presidente della Federal Reserve Paul Volcker, ha avanzato per evitare un cataclisma come quello del 2007-2008 quando lo Stato dovette mettere mano al portafoglio (700 miliardi di dollari) per salvare il sistema finanziario dal collasso.


Le regole di Volcker non sono altro che buon senso comune applicato alla finanza. Dicono che le banche, i cui depositi dei clienti sono assicurati dal governo federale e che possono chiedere soldi in prestito alla Fed, non devono fare quello che in America si chiama "proprietary trading", cioè comprare e vendere azioni, derivati, strumenti finanziari complessi con i propri soldi. Le regole danno anche l'altolà a manovre come quella di cui si rese protagonista Goldman Sachs che ai clienti vendette strumenti finanziari basati sui mutui immobiliari scommettendo poi sul crollo del valore di quei prodotti sapendo perfettamente che erano carta straccia. Per Volcker, infine, le banche non devono investire negli hedge fund, società ad alto rischio, e nel private equity: giusto per fare un esempio, una banca non deve finanziare o essere socia di un fondo come Cerberus che comprò Chrysler e poi ha avuto bisogno delle Stato per non finire gambe all'aria.

Questa saggezza anti crisi è contenuta in una legge faticosamente approvata nel 2010 dal Congresso dove però è stata solo disegnata la cornice, mentre sono ancora da mettere nero su bianco norme e strumenti per farle applicare. La legge porta il nome di due congressman del Partito Democratico che l'hanno sostenuta fino in fondo, Chris Dodd e Barney Frank, e poggia le basi su una visione del capitalismo e del mercato non fondati sulla legge del più forte e del più furbo, ma sul rispetto del cittadino consumatore e sulla trasparenza della finanza per evitare fallimenti come quello della Lehman Brothers, o collassi quasi mortali come quelli di Freddie Mac e Fannie Mae, le due grandi agenzie dei prestiti immobiliari, e di Bank of America o Citibank, istituti "too big to fail", troppo grandi per fallire senza portare alla rovina un intero Paese.

Il Dodd-Frank Wall Street Reform and Consumer Protection Act è stato approvato ad agosto del 2010, c'è voluto più di un anno per scrivere una prima bozza dei regolamenti e, ammesso che tutto fili liscio, solo a luglio del 2012 comincerà ad essere operativa. Ma proprio il documento reso noto ai primi di ottobre racconta come le lobby e i centri d'interesse abbiano lavorato per ridurre l'impatto di questa parte della legge. E' diventato pubblico un elaborato di 298 pagine che tocca 400 argomenti e pone quasi 1.300 domande. Questioni rivolte genericamente a chiunque abbia un suggerimento da dare, in realtà che cerca di conoscere il parere di coloro cui è diretta la legge, Wall Street e banche.

Questo è il segno più evidente della debolezza dell'amministrazione Obama quando deve passare dalla teoria alla pratica. Il farraginoso documento rilasciato dalle agenzie federali racconta anche la discussione che c'è stata in questi mesi tra coloro che dovrebbero poi controllare l'applicazione delle regole: la Federal Reserve, la Securities and Exchange Commission, la Federal Deposit Insurance Corporation, l'Office of the Comptroller of the Currency, la Commodity Futures Trading Commission (Cftc) hanno camminato ciascuna per proprio conto, hanno litigato sul modo in cui stendere il dossier preliminare e, alla fine, se votare tutte insieme prima di renderlo pubblico. La Cftc si è praticamente dissociata annunciando di attendere suggerimenti prima di dire la sua.

Nel frattempo il lamento delle società finanziarie è cresciuto di intensità di giorno in giorno. Uno studio legale che assiste le grandi banche ha reso nota una ricerca secondo la quale l'intero comparto perderà 2 miliardi di dollari l'anno. E' cominciato subito il balletto di cifre negative: Goldman Sachs rischia di dover rinunciare al 20 per cento dei suoi ricavi da trading se le Volcker rules saranno esattamente come pensate dall'ex numero uno della Fed. E, a seguire, Bank of America, Jp Morgan Chase e Citibank saranno costrette a rinunciare rispettivamente al 9, all'8 e al 5 per cento dei ricavi.

L'annuncio è arrivato proprio nei giorni in cui Citibank ha accettato di pagare una multa da 285 milioni di dollari per evitare un'inchiesta su frodi ai propri clienti (nel 2010 Goldman Sachs ha sborsato 550 milioni di dollari per un comportamento analogo).

Riuscirà l'amministrazione Obama a rendere operative e davvero funzionanti le Volcker rules? I dubbi sono molti dati gli equilibri in Congresso e i troppi fan di Wall Street e della banche che sono nel governo federale. Così sembrano parole al vento quelle che il presidente Barack Obama ha pronunciato solo pochi giorni fa: "Penso che i cittadini americani capiscano come non tutti seguono le regole e come Wall Street ne è un esempio".

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