Growing up at the end of America è la lectio dello scrittore statunitense Stephen Amidon, autore per Mondadori, tra gli altri, di Il Capitale umano e I figli del silenzio per Leggere trasformazioni, la stagione dei 18 anni della Fondazione Circolo dei lettori. La lezione di Amidon, in collaborazione con Scuola Holden, si è tenuta venerdì 7 marzo a Torino.
La deliberata ignoranza dei più giovani sul passato della nazione lascia sgomenti. Stanno creando un vocabolario, una cultura e una tecnologia tutte loro. È una visione cupa, ma non del tutto priva di speranza. È difficile sostenere che un sistema che elegge Trump per due volte non si sia guastato in modo irreparabile. Tagliare i ponti con una nazione morente è il modo migliore per salvarla
Negli Stati Uniti ogni generazione si vede diversa da quelle precedenti. I giovani sono sempre convinti di avere problemi e aspirazioni che i loro genitori non riescono neanche a comprendere. Come ben sappiamo, questa convinzione divenne particolarmente radicale negli anni Sessanta, quando i giovani si ribellavano apertamente contro i loro genitori creando quel “divario generazionale” che monopolizzava il discorso culturale. Ma negli Stati Uniti questo divario è sempre esistito. È uno dei motivi principali della straordinaria crescita della nazione.
Ha anche contribuito a promuovere il concetto dell’unicità americana. Gli americani hanno sempre detto a sé stessi (e a chiunque fosse disposto ad ascoltarli) di essere una nazione che cambia di continuo, che crea costantemente il futuro. Sebbene presente fin dai tempi della Rivoluzione americana, questo concetto si è radicato in maniera ancora più profonda nella psiche nazionale negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale, quando gli Stati Uniti hanno potuto definirsi una “superpotenza”.