Occupy Wall Street scopre le virtù del mercato. Non lo Stock Exchange, storico presidio finanziario sulla punta di Manhattan, ma quello, più a nord, di Union Square: la piazza di New York dove ifarmersdell'agricoltura biologica di Long Island e della valle dell'Hudson vendono (ahimè, a prezzi proibitivi: 7 dollari per un etto di lattuga) i loro prodotti rigorosamente organici. Perché va bene prendersela con le banche per il disastro dei mutuisubprime, attaccare il candidato-finanziere Mitt Romney, protestare contro l'aumento delle rette scolastiche e universitarie. Ma il movimento giovanile che ha tenuto banco per tutto l'autunno ha anche una sua anima bucolica, mentre tra i suoi nemici giurati — i giganti dell'industria e della finanza — ci sono anche le multinazionali dell'agroalimentare. Così la battaglia degli «occupanti» ora si allarga allafood justice: più agricoltura naturale, più spazio ai produttori locali e lotta dura contro lecorporationdei cibi geneticamente modificati, come la Monsanto.
Dopo il «letargo» invernale, il movimento di protesta si sta riorganizzando: i suoi attivisti di New York hanno appena completato un giro in bus di cinque settimane per coordinarsi coi gruppi degli altri Stati, dalla California al Maine, e per raccogliere idee nuove. Domani marcia e occupazione simbolica di Zuccotti Park per celebrare i sei mesi del movimento (che mise le tende nella celebre piazza-parco il 17 settembre). Ma già oggi, davanti al Congresso di Washington, «Occupy Wall Street» si trasforma in «Occupy Monsanto»: scende in piazza con una serie di azioni dimostrative la sua Gcu (Genetic Crimes Unit) che accuserà il Parlamento di essere divenuto esso stesso un organismo geneticamente modificato. «Modificato» dai soldi della lobby delle culture transgeniche.
Si può discutere se le fattorie organiche, di certo salutari ma anche elitarie, producano più «giustizia alimentare» dell'agricoltura industrializzata le cui derrate, certamente di qualità inferiore, sfamano a basso costo. Ma il movimento ha bisogno di individuare nuovi campi di battaglia e di concentrarsi su pochi temi popolari. Tra l'altro i soldi delle donazioni piovute su «Occupy» a settembre e ottobre stanno finendo: un indice della delusione dei «supporter» per un movimento che di chiaro ha solo il «marchio»: il 99 per cento di americani impoveriti (o comunque colpiti dalla crisi) contro l'1 per cento dei ricchi e privilegiati.
Quando dagli slogan si passa, però, alle azioni concrete, la spinta del movimento si disperde in manifestazioni nelle quali ognuno protesta per la sua causa: le assicurazioni sanitarie esose, il costo dell'istruzione, Mitt Romney, la gente buttata fuori dalle case pignorate. Bank of America, la banca che ha fatto più pasticci coi mutui, resta il bersaglio preferito, ma ora viene raggiunta da Monsanto, trasformata in simbolo del cibo-Frankenstein.
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