domenica 11 dicembre 2011

SCRITTORI AMERICANI. SHANE STEVENS. IO TI TROVERO', di Tommaso Pincio

Il fatto curioso degli scrittori scomparsi o reclusi o allergici agli obiettivi fotografici è che, malgrado siano scomparsi o reclusi o allergici agli obiettivi fotografici, quasi mai rappresentano un vero mistero. Di loro si sa spesso molto. Perfino il superfluo, a volte. Esistono tuttavia le eccezioni, scrittori a tal punto nell'ombra da sparire anche dalle librerie. È il caso di Shane Stevens. Ai tempi, i suoi ponderosi romanzi criminali vantavano schiere di ammiratori, alcuni dei quali illustri. Stephen King gli rese un caloroso omaggio nella nota posta in calce a La metà oscura, dichiarando che i romanzi di Stevens "sono tra i più acuti mai scritti sul lato oscuro del Sogno Americano.


In queste opere la cosiddetta "mente criminale" e lo stato di psicosi cronica si fondono per creare il male perfetto." Il maestro del brivido concludeva il panegirico raccomandandone la lettura "incondizionatamente". Peccato, però, che leggere Stevens fosse destinato a diventare un'impresa. Nel 1981 si eclissò infatti nel più totale anonimato. Nessuno sapeva che ne fosse stato di lui e dove vivesse, ammesso che fosse ancora vivo. Non che prima circolassero chissà quali informazioni. Si ignorava addirittura se Shane Stevens fosse il suo vero nome o uno pseudonimo. Non avendo idea di come trovarlo, gli editori si videro nell'impossibilità di rinnovare i contratti e quindi di ristampare le sue opere, che a poco a poco furono relegate al polveroso mercato dell'usato. Finché nel 2007 venne annunciata la sua morte. Fu allora che un cocciuto editore francese si mise sulle tracce degli eredi, scovò una figlia, acquistò i diritti e riportò in vita il suo capolavoro. Che non si tratti di un libro qualunque lo si evince dai roboanti elogi dei suoi fan. Per alcuni Io ti troverò è il Quarto potere della crime story. Per altri è il Guerra e Pace della narrativa sugli assassini psicopatici. Qualcuno ci è andato più cauto e lo ha paragonato a un Silenzio degli innocenti riscritto da Truman Capote. La verità? Lasciando da parte i paragoni arditi, a Stevens va riconosciuto il merito di avere fissato il canone di un nuovo tipo di thriller, quello che ha per protagonista l'omicida seriale. Ovviamente, i pluriassassini sono vecchi quanto il mondo. Ma come recita un detto, una cosa non esiste finché non ha un nome. E il termine “serial killer” fu coniato da un agente investigativo e poi reso popolare dall'FBI proprio nel periodo in cui fu pubblicato Io ti troverò ovvero sul finire degli anni '70. Del resto, anche i criminali sono un segno dei tempi. I gangster e le loro “pupe” furoreggiarono nei ruggenti e festaioli anni '20. I teppisti con giubbotti di pelle e motociclette spopolarono nel secondo dopoguerra, quando cominciò a prendere forma il rock e la cultura giovanile. L'omicida psicopatico si rivelò invece il delinquente ideale per l'inquieta stagione di profonde disillusioni e violenze che furono appunto gli anni '70. Non a caso gran parte del romanzo di Stevens è ambientato nel 1973, l'anno dell'impeachment di Richard Nixon. Non a caso il serial killer in questione sembra il prodotto di un brutto risveglio dal sogno americano. Si chiama Thomas Bishop e crede che suo padre sia un personaggio realmente esistito, Caryl Chessman, consegnato alla storia e alla camera a gas come “il bandito della luce rossa”. A dieci anni Thomas finisce in un istituto psichiatrico per avere ucciso la madre, che lo ho aveva sottoposto a ogni tipo d'abuso. Ne evade a venticinque nel modo più sanguinario possibile e con la ferma convinzione che uccidere donne sia cosa buona e giusta. È l'inizio di una saga del male che al lettore smaliziato di oggi potrà sembrare un copione già scritto. Ma all'epoca non lo era affatto. Perché a scrivere per primo quel copione è stato proprio Shane Stevens. Dopodiché è scomparso, restando, lui sì, un vero mistero.

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