Da qualche giorno in America si discute della «svolta rooseveltiana» di Obama. Il Roosevelt in questione però non è il democratico Franklin Delano, presidente dal 1933 al 1945, e architetto del New Deal (nuovo corso economico) nella Grande depressione degli anni Trenta, alla quale l' attuale crisi finanziaria somiglia sempre più. È il cugino repubblicano Theodore, detto familiarmente Teddy, presidente dal 1901 al 1909, uno dei più amati della storia americana.
La settimana scorsa, Obama si è recato in un paesino del Kansas, Osawatomie, dove nel 1910 Roosevelt tenne uno storico discorso sulla politics of fairness o politica dell' equità, e ha annunciato che nel 2012 imposterà su di essa la sua campagna elettorale. Nell' acceso dibattito che ne è seguito - un democratico che si appropria di un modello repubblicano - in America è mancata la riflessione più importante. Fino a che punto in un secolo sia cambiata, e perché, la destra americana. Roosevelt, un riformatore, nemico dei trust o monopoli, fu un antesignano degli «indignados» odierni. Sdegnato dalla politica conservatrice e a favore del capitale del successore William Taft, nel 2012 si ricandidò alla presidenza a capo di un terzo polo, il Partito progressista, per perorare la ridistribuzione della ricchezza e la giustizia sociale. Il suo programma: riduzione della giornata lavorativa a otto ore, erogazione dei sussidi di disoccupazione, minimo salariale alle donne, tassazione progressiva. Teddy Roosevelt fu sconfitto, riscosse il 27 per cento dei voti contro il 42 di Woodrow Wilson, il candidato democratico, e contro il 23 di Taft. Ma lo stesso Wilson e più tardi il cugino Franklin Roosevelt attuarono buona parte delle sue riforme. Nel Partito repubblicano, invece, ebbe inizio un processo involutivo che lo vede ora schierato al fianco del business contro il welfare . Per fortuna, in prevalenza la destra europea è diversa da quella americana, non nasconde che, come un secolo fa, per sopravvivere la democrazia deve sconfiggere la plutocrazia. La «svolta rooseveltiana» può essere populista, ma solo nel senso che combatte le diseguaglianze. Le quali, come dice Obama, sono quelle che uccidono la democrazia
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