C aro direttore, la crisi delle economie avanzate - esplosa nel 2008 nel sistema bancario Usa e propagatasi nel 2009 all' economia reale del mondo occidentale - è nella fase più acuta che sta investendo alcuni Stati sovrani dell' area euro, minacciando di nuovo la stabilità del sistema bancario e un altro shock recessivo per un' economia che non si è ancora ripresa dalla contrazione del 2009.
Una crisi originata dall' eccessiva deregulation e dalla globalizzazione dei mercati finanziari, senza un corrispondente ed efficace coordinamento dei sistemi nazionali di governo dell' economia, come nel caso dell' Eurozona: l' introduzione dell' euro e l' attribuzione alla Banca centrale europea (Bce) della politica monetaria, da un lato, e politiche fiscali e di bilancio decise a livello nazionale, dall' altro, ampliano i divari di competitività e di costo del debito tra Paesi privi degli strumenti compensativi della politica monetaria e valutaria. Il compito è complesso: promuovere la crescita e stabilizzare il sistema finanziario, dovendo tuttavia rispettare i vincoli di bilancio e con strumenti di politica monetaria limitati, non avendo la leva dei tassi di interesse margini di utilizzo significativi. Inoltre la Bce non ha la funzione di prestatore di ultima istanza mentre la Fed (Federal reserve) durante la crisi del 2007-09 ha immesso nel sistema finanziario Usa liquidità per 7.700 miliardi di dollari (50% del Prodotto interno lordo) per evitare il default del sistema finanziario del Paese. Riflettendo sulla crisi europea è utile però non solo guardare alle manovre oltreoceano di questi anni ma ricordare un precedente storico: nel 1789 il segretario al Tesoro Usa Alexander Hamilton affrontò la crisi finanziaria causata dai debiti di guerra degli Stati dell' Unione emettendo, in sostituzione dei debiti di questi, obbligazioni dello Stato federale, che assunse politica monetaria e politica fiscale, in concomitanza con l' introduzione della moneta unica e l' istituzione della Banca centrale federale; il tutto non senza opposizioni: la Virginia, che aveva già risanato le proprie finanze, non era infatti disposta a farsi carico di una parte dei debiti del Massachusetts, che era invece ancora in stato di crisi. Ma il pensiero e l' azione politica di Hamilton vinsero le opposizioni per la visione lungimirante su cui si fondavano: la garanzia della solvibilità degli Stati era essenziale per preservare il merito di credito dell' intera Nazione; ciò richiedeva l' integrazione economica dei singoli Stati, centralizzando presso lo Stato federale il debito pubblico e le principali funzioni di politica economica; questo a sua volta era un passo fondamentale nel processo di unificazione politica della Nazione, anche perché i detentori delle emittende obbligazioni avrebbero traslato il proprio senso di appartenenza dai rispettivi Stati al neonato governo federale; il debito degli Stati doveva essere infine concambiato con le obbligazioni federali senza alcuna perdita rispetto al valore nominale, per non compromettere la fiducia dei mercati. La gestione dell' attuale crisi europea è invece stata frammentaria e tardiva, priva di una visione coordinata, come si evince da alcune misure: 1) come nel caso dei neonati Usa la priorità assoluta sin dall' inizio era l' attivazione di strumenti per garantire la solvibilità dei debiti sovrani; eppure a Deauville nell' ottobre 2010 Sarkozy e Merkel annunciarono che i privati avrebbero dovuto subire una perdita sul debito greco, posizione ribadita dai vertici Ue di luglio e settembre, che ignorarono che ciò avrebbe provocato nei mercati il timore che tale evento avrebbe potuto verificarsi anche in relazione al debito sovrano di altri Stati, come concretamente manifestatosi con la crisi di fiducia nei confronti del debito di Spagna e Italia. Tale orientamento sembra esser mutato dopo il consiglio Ue del 9 dicembre: un' importante, ancorché tardiva, presa d' atto di quanto sia stata inadeguata la gestione della crisi del debito greco; 2) la ricapitalizzazione delle banche europee per 114 miliardi di euro senza una garanzia sui debiti sovrani non è risolutiva: le difficoltà delle banche oggi traggono in larga parte origine, infatti, proprio dalla crisi dei debiti sovrani, senza la quale si ridurrebbe la necessità della loro ricapitalizzazione, una misura che rischia di produrre un' ulteriore contrazione del credito e dell' economia reale. È evidente la differenza di visione tra i padri fondatori americani e i politici che oggi determinano i destini dell' Europa: mentre i primi anteponevano agli interessi particolari dei singoli Stati l' interesse generale di costruire lo Stato unitario, nella governance europea le decisioni sono state dettate fino ad oggi più dalle logiche egoistiche degli interessi nazionali che da quei principi e valori, primo fra tutti il principio di solidarietà, che hanno ispirato il pensiero e l' azione dei padri fondatori. La soluzione della crisi che sta investendo l' eurozona deve essere quindi individuata nel quadro della questione politica del processo di integrazione europea, definendo strumenti coerenti con il conseguimento di tale obiettivo. Il vertice di Bruxelles è una tappa importante verso un vero e proprio governo economico dell' Unione Europea, con una disciplina rigorosa e coordinata dei conti pubblici e delle politiche economiche nazionali; ma non basta: nessuna decisione, infatti, è stata presa sull' ampliamento delle funzioni della Bce e sugli eurobond, misure che sarebbero fondamentali per ristabilire nell' immediato la fiducia dei mercati. La loro previsione nel nuovo Trattato avrebbe potuto conseguire questo obiettivo, garantendo nello stesso tempo che esse non sono un espediente per addossare sui contribuenti tedeschi i deficit dei Paesi meno virtuosi, ma che al contrario sono essenziali per salvaguardare la moneta unica, della quale le esportazioni dell' industria tedesca hanno sino ad oggi ampiamente beneficiato. Per varare queste ulteriori misure sovranazionali di stabilizzazione finanziaria è comprensibile che vi sia una generale aspettativa che i Paesi con i conti a rischio avviino rapidamente un piano di risanamento incisivo e credibile; con la manovra del governo Monti, che si aggiunge a quelle succedutesi a partire da luglio ad opera del precedente governo, il nostro Paese ha fatto la propria parte: occorre a questo punto che anche i leader degli altri Paesi membri perseguano con convinzione il disegno europeo, ispirandosi in questi giorni decisivi al pensiero e all' azione di Hamilton per rendere realtà il progredire verso un' unione economica più forte come auspicato nella dichiarazione dei capi di Stato della zona euro venerdì scorso.
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