sabato 7 gennaio 2012

USA E STRESS POST-BELLICO. GRAMAGLIA G., La strana maledizione dei Navy Seals, IL FATTO, 7 gennaio 2012

Fra i militari di ritorno dal fronte, i “rambo” super-addestrati delle squadre speciali sono quelli che più soffrono di Ptsd, la sigla che in italiano sta per disturbo post-traumatico da stress: una “malattia” già studiata dopo la Grande Guerra e la WW 2, ma cui il Vietnam – a partire dall’intenso Tornando a casa di Hal Ashby, con Jon Voight e Jane Fonda – e l’Iraq hanno conferito dignità letteraria e cinematografica.

Garry B. Trudeau vi dedica alcune delle strisce più amare del suo Doonesbury. I Navy Seals sono gli uomini delle squadre speciali della U. S. Navy: sono stati loro, il 1 maggio 2011, a scovare e uccidere, nel suo covo di Abbottabad, in Pakistan, Osama bin Laden, il fondatore e il capo della rete terroristica al Qaida. Spesso eroi nelle cronache di guerra; e talora disadattati nelle cronache dopo il ritorno a casa: inclini alla violenza, in difficoltà nel ritrovare gli affetti “di prima” e la vita “normale”. Qualche volta, sono tragedie vere: famiglie in frantumi, comportamenti asociali, sparatorie. Altre, sono episodi minori: più smargiassate da capitan Fracassa, che fanno dubitare della qualità dell’addestramento, che drammi, anche se poi lo diventano.

È il caso del militare di 22 anni rimasto anonimo che lotta contro la morte in un letto d’ospedale nei pressi di San Diego, dopo essersi “accidentalmente” sparato alla testa con la sua pistola per fare colpo (letteralmente, ci è riuscito) su una ragazza appena conosciuta in un bar. I due avevano bevuto, lui decisamente troppo. Portatosi a casa la ragazza, il soldato non ha trovato di meglio che mostrarle le sue armi: lei, più lucida, s’è spaventata e gli ha chiesto di metterle via. E lui, per mostrarle che non c’era pericolo, s’è puntato alla testa la pistola, che credeva scarica, e ha premuto il grilletto: il colpo era in canna ed è partito.

Pochi giorni or sono, i giornalisti americani avevano scelto l’uccisione di Osama come “top story” del 2011, davanti al terremoto in Giappone, alla Primavera araba e alla crisi del debito in Europa (messa prima delle difficoltà economiche degli Stati Uniti). Ed è nel pieno la polemica su una fuga di notizie – presunta – gestita dalla Casa Bianca per alimentare con un film sul raid di Abbottabad l’immagine vincente del presidente Obama (la pellicola uscirà durante la campagna elettorale). Gli uomini delle squadre speciali non sono solo protagonisti di storie cruente, come in agosto, quando 22 Navy Seals morirono nello schianto in Afghanistan di un elicottero Chinook, forse abbattuto dai talebani: molti facevano parte del Team 6, quello dell’azione contro Osama, anche se nessuno vi aveva preso parte. A volte sono coinvolti in storie strappalacrime: commosse l’America la foto di Hawkeye, occhio di falco, il cane di uno dei seals deceduti su quel Chinook, immobile e prostrato sulla bara del padrone avvolta nella bandiera a stelle e strisce. “Era lui il suo figliolo”, commentò una cugina del soldato morto, più a suo agio con gli animali che con le persone.

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