domenica 16 febbraio 2014

CRISI ECONOMICA E SUICIDI A NEW YORK. REDAZIONE, New York, boom di suicidi tra la popolazione di mezza età, LA STAMPA, 14 maggio 2013

Il tasso di suicidi tra la popolazione di mezza età ha registrato negli Stati Uniti un aumento preoccupante nell’ultimo decennio. E’ l’ennesimo volto della crisi finanziaria peggiore dai tempi della Grande Recessione, di cui a farne le spese questa volta sono i cosiddetti «baby boomer», ovvero quella fascia di popolazione nata in coincidenza del boom economico del Secondo dopoguerra. Le statistiche e la letteratura sociologica, infatti, hanno sempre ricondotto il fenomeno dei suicidi ai teen-ager o agli anziani, per questo il balzo riscontrato tra i cittadini di mezza età è stato accolto con grande sorpresa dagli studiosi. A contribuire è, non solo il disagio economico e sociale, figlio di una crisi che continua a sortire effetti devastanti a cinque anni dalla sua genesi, ma anche il facile accesso a psicofarmaci, in particolare a quelli a base di oppiacei. Il risultato è che oggi negli Usa si muore più di suicidi che di incidenti stradali, secondo quanto rivelato dal Center for Disease Control and Prevention, autore di un recente rapporto sul tema, «Morbidity and Mortality Report».




Nel 2010, ad esempio, ci sono stati 33.687 decessi su strade e autostrade, mentre sono state 38.364 le persone che si sono tolte la vita. Tra il 1999 e il 2010 il tasso di suicidi tra coloro di età compresa tra i 35 a 64 anni è aumentato di circa il 30%, ovvero 17,6 casi ogni centomila persone, rispetto ai 13,7 del decennio precedente. Sebbene il fenomeno riguardi sia uomini che donne sono i primi a registrare l’incremento più pronunciato, ovvero 27,1 casi rispetto agli 8,1 del campione femminile. Sono i cinquantenni i più vulnerabili, come conferma l’aumento del 50% che ha spinto la frequenza a 30 casi su centomila persone. Per le donne, invece, l’incremento maggiore è tra i 60 e i 64 anni, con un balzo del 60% a sette casi. Secondo quanto riferito al New York Times, Ileana Arias, vice direttore del Cdc, i «baby-boomer» hanno vite molto diverse rispetto alla stessa fascia di età del passato: «Non sono persone più sensibili, né hanno una predisposizione naturale al suicidio, ma hanno a che fare con più fonti di stress».

Di fatto esiste un disagio generazionale dovuto alla delusione causata anche dalla crisi finanziaria esplosa nel 2008. «Erano persone che avevano grandi aspettative - prosegue l’esperta - ma spesso le cose sono andate diversamente». Pesa anche la facilità di reperire farmaci pesanti specialmente a base di oppiacei. Secondo il dossier, infatti, sebbene la maggior parte dei suicidi in America avviene utilizzando armi da fuoco, negli ultimi anni si è verificato un marcato aumento (+24%) delle morti per avvelenamento, ovvero overdose intenzionale di farmaci. Il triste primato, in termini di escalation, spetta tuttavia all’impiccagione che ha registrato un aumento dell’81 per cento. Secondo Julie Phillips, professore associato di sociologia alla Rutgers University, i dati sarebbero ancora più drammatici: «Si tratta di un problema sottostimato Sappiamo che i numeri sono ancora più elevati».

A preoccupare ancora di più è il fatto che, da alcuni studi preliminari condotti da Rutgers University, il tasso di suicidi non sembra destinato ad abbattersi per le generazioni future. I cambiamenti nella vita coniugale, l’isolamento sociale, e il mutamento del ruolo della famiglia, secondo quanto riferisce il professor Phillips, faranno in modo che certi stress dai «baby boomer» si riverseranno sulle nuove generazioni. In quadro del genere l’imperativo è dedicare più attenzione alla prevenzione, come spiega Nancy Berliner, esperta di storia di Boston, il cui marito si è tolto la vita nel 2011, a 58 anni. «Un suicidio può ispirare altre persone, far pensare loro che si tratta di un’opzione - avverte Berliner - La società deve fare di più, parlare di più di questo problema, e soprattutto sostenere maggiormente i familiari delle vittime».

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