domenica 11 maggio 2014

UN ROMANZO SUGLI USA. L. MANERA, Ritorna il selvaggio West, CORRIERE DELLA SERA, 7 febbraio 2014

N el romanzo western di Philipp Mayer The Son , che uscirà da Einaudi in marzo col titolo Il figlio dopo avere conquistato gli Stati Uniti, l?esercizio della violenza per appropriarsi di quanto appartiene al vicino è ciò che distingue la storia del Texas. Ma è anche, per estensione, il terreno intriso di sangue in cui affondano le radici degli Stati Uniti stessi. E il fatto che a dichiarare che non esista ricchezza senza furto sia un indiano Comanche e non un petroliere, 



la dice lunga sulla posizione neutrale dell?autore di questo romanzo epico, che qualcuno si è subito affrettato a chiamare il Nuovo Grande Romanzo Americano. Invece di santificare i vinti come vorrebbe un certo clima culturale, Meyer sembra mettere tutti sullo stesso piano: indiani, messicani, pionieri, gli uni contro gli altri armati.Nessuno di loro può dirsi superiore, nell?opinione del quarantenne scrittore che, dopo avere conquistato il successo nel 2009 con il romanzo d?esordio American Rust , si è confermato la gallina dalle uova d?oro che sognano tutti gli editori: vale a dire un narratore di qualità letteraria capace di scrivere romanzi popolari ? come è stato il Jonathan Franzen delle Correzioni e di Freedom .Ma Meyer non potrebbe essere più lontano dal cerebrale-sociologico Franzen. Il suo The Son è un libro crudo, violento e fondamentalmente istintivo che, semmai, condivide i paesaggi e la melanconia di Cormac McCarthy, anche se non il suo lirismo. «Una delle cose che impari dai tuoi errori», ha detto in un?intervista Meyer, i cui primi due romanzi non hanno trovato un editore, «è che devi fidarti molto di più dei tuoi istinti». Nel suo caso questo processo ha richiesto dieci anni di lavoro, migliaia di pagine cestinate, e una carriera a dire poco bizzarra, cominciata a Wall Street e continuata facendo il muratore e l?autista di ambulanza a Baltimora, dove è cresciuto e dove ha ambientato il romanzo che alla fine lo ha lanciato.Ruggine americana (Einaudi 2010) raccontava la fine del sogno americano in una cittadina industriale della Pennsylvania dove il lavoro diminuisce e il consumo di droga sale. The Son racconta invece l?inizio del sogno americano in una regione che «brulicava di animali tanto quanto oggi è infestata di esseri umani. L?unico problema era tenersi lo scalpo attaccato alla testa».E non era un problema da poco. Nella prima parte delle 561 pagine di The Son leggiamo con raccapriccio il prezzo pagato dai pionieri attaccati dagli indiani. «All?età di dieci anni avevo già scavato quattro fosse», racconta il principale dei tre narratori di questa storia, il capostipite dei McCullogh Eli, detto anche «il Colonnello».
La notte in cui la sua famiglia sarà attaccata dai Comanche, sarà il momento in cui si deciderà la sua vita: «I giornali dicevano che le madri della frontiera conservavano le loro ultime pallottole per i figli? Ma era il contrario. Sapevamo tutti che ero nell?età migliore ? Gli indiani mi avrebbero voluto vivo». E infatti lo rapiscono. Quanto agli altri, la madre di Eli e la sorella saranno stuprate e sbudellate subito, mentre il fratello sarà sacrificato con un rito spaventosamente macabro soltanto più tardi, quando si rifiuterà di mangiare firmando da solo la propria condanna.Nel corso dei suoi cento anni di vita, vediamo Eli prima assimilarsi ai Comanche e uccidere i bianchi, poi tornare tra i bianchi e uccidere i Comanche, e infine sterminare i messicani per appropriarsi della loro terra perché «è così che l?avevano presa loro, cacciando gli indiani, ed è così che abbiamo dovuto prendercela noi». Intanto, il suo racconto si alterna a quello di altre due persone: il suo tormentato figlio Peter, l?unico dei McCullogh a farsi dei problemi morali di fronte alla brutalità della conquista e per questo destinato a essere disprezzato sia dai carnefici sia dalle vittime; e la volitiva nipote di Peter e pronipote di Eli Jeanne Anne, una donna condannata a morire sola nella grande dimora dei McCullogh in disfacimento, circondata dai pozzi di petrolio che lei stessa ha installato e ossessivamente controllato.Con un tocco d?ironia da parte di Meyer, Jeanne Anne racconta di avere ricevuto poco dopo la Seconda guerra mondiale la visita di una «tremenda scrittrice di New York», ansiosa di scoprire il marcio su cui aveva costruito la propria ricchezza la famiglia McCullogh. Quella scrittrice era Edna Ferber e il romanzo che ricavò dall?incontro con la miliardaria texana è Il gigante , da cui venne tratto il film del 1956 con James Dean.The Son è un libro infinitamente più sofisticato del Gigante , ma qualcosa in comune ce l?hanno, a parte il passaggio dal bestiame all?oro nero nella storia del Texas: tutti e due sono dei «potbolier», dei romanzi capaci di avvincere il lettore usando temi da grande pubblico come i conflitti tra padri e figli, l?infelicità dei ricchi, la corruzione del potere. Come dice Eli in una delle sue ciniche riflessioni: «La vita dei ricchi e famosi non era così diversa da quella dei Comanche: facevi quello che volevi e non rispettavi nessuno». Dai McCullogh ai Bush, si ha l?impressione che tutta la storia del Texas potrebbe stare in quella frase sola.

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