lunedì 28 marzo 2016

LA DEMOCRAZIA DIGITALE IN USA. INTERVISTA CON J. FRANZEN. P. MASTROLILLI, Jonathan Franzen: “Democrazia digitale? Un incubo”, LA STAMPA, 27 marzo 2016

Avete voluto la democrazia digitale? E adesso beccatevi gli insulti in 140 caratteri di Donald Trump. Avete fomentato la purezza ideologica e l’intransigente idealismo giovanile, a destra come a sinistra? E allora non lamentatevi, se gli spettri del fascismo e della jihad globale minacciano le nostre società. 



Jonathan Franzen è uno scrittore troppo raffinato, per usare un simile linguaggio, eppure questa è una traduzione abbastanza accurata del suo allarme per come va il mondo. Tutto parte dall’ultimo romanzo, Purity, che Einaudi ha appena pubblicato in Italia. Il titolo viene dal nome di una ragazza alla disperata ricerca della sua identità, che deve passare attraverso varie disavventure, missioni spionistiche in Sud America, incontri con leakers alla Assange e giornalisti seri, testate termonucleari rubate e orrori della triste Germania orientale, per scoprire i segreti che hanno rovinato la sua famiglia. La «purezza» da cui era partito Franzen per immaginare questa storia, però, lo ha portato a conclusioni imprevedibili. 

Quattro personaggi del libro sono giornalisti o leakers: come mai?  
«Purity va a caccia dei segreti della sua famiglia, e quindi mi è sembrato naturale metterla in contatto con chi cerca i segreti per professione. Sono partito con il leaker, ma poi gli ho messo vicino il giornalista per equilibrare. Uno dei personaggi, Leila, è molto ostile a questa figura, anche per l’effetto preoccupante dei contenuti distribuiti gratis su Internet, che stanno spingendo molti giornali a chiudere o tagliare il personale». 

C’è una netta distinzione in Purity fra leakers e giornalisti.  
«Io penso che possano convivere, abbiamo bisogno di entrambi. Nel caso della guerra in Iraq, ad esempio, il giornalismo ha fallito: un leaker che ci rivelasse l’inesistenza delle armi di distruzione di massa di Saddam sarebbe stato utile. Non so però quanto a lungo durerà ancora questo mito del leaker eroico: la profondità del vero giornalismo di inchiesta resta il modello migliore per dare alla democrazia l’informazione responsabile di cui ha bisogno». 

Lei ha criticato anche la funzione dei social media, e ora abbiamo una campagna presidenziale dominata dai tweet di Trump.  
«È il risultato inevitabile dell’ideologia della Silicon Valley». 

Quale ideologia?  
«La democrazia digitale, un incubo. Non servono più politici o esperti: basta dare alla gente libero mercato, informazioni non mediate via Internet e strumenti per comunicare, e magicamente nascerà una società perfetta. Ecco, il risultato è Donald Trump». 

Sarebbe colpa dei social media?  
«Secondo l’ideologia del libertarismo radicale della Silicon Valley, il cliente ha sempre ragione. Ma il cliente non vuole fatti e politica: gli interessa sapere quanto sono grandi le varie cose che Trump si vanta di avere grandi. Semplificazione e banalità, però, non sono le chiavi per risolvere tutto: nella vita esistono molti problemi complessi, che richiedono conoscenza». 

Lei ha scritto questo romanzo prima della campagna presidenziale, ma basta leggere una decina di pagine per ritrovarci quasi tutti i temi in discussione oggi. Non è difficile immaginare la protagonista Purity, Pip per gli amici, a un comizio di Sanders.  
«Non possiedo la palla di cristallo, ma era abbastanza chiaro che andavamo in questa direzione in tutto il mondo. Prima il Tea Party, poi Occupy Wall Street, quindi la jihad globale via mail: ovunque si impone l’estremismo della purezza ideologica». 

Sta dicendo che la purezza ideologica è una minaccia?  
«Mi viene in mente il parlamentare americano così sicuro di avere ragione, da dire che Obama era il demonio e la sua missione era farlo fallire. Ma cosa dà ai puri tanta certezza di essere nel giusto assoluto?». 

Quindi anche l’idealismo giovanile è un pericolo?  
«È una cosa bellissima, quando hai diciannove anni: a quell’età devi esserlo. Quando però sei un idealista intransigente a quarant’anni, o magari anche a sessanta, c’è qualcosa che non va. È un atteggiamento che fa pensare ai Paesi fascisti, ci riporta verso luoghi oscuri della nostra storia». 

Perché accade proprio adesso?  
«Viviamo in un’era molto difficile. Nel mio piccolo, mi interessa molto l’ambiente, e non posso certo essere ottimista riguardo a quello che stiamo facendo al nostro pianeta. Immaginate cosa pensa un ragazzo di 24 anni, davanti alla prospettiva di un aumento delle temperature di nove gradi celsius entro la fine del secolo: abbraccia la rivoluzione digitale, credendo che porterà a un mondo migliore, se la seguiremo con purezza di cuore. Oppure guardiamo a quello che accade in Medio Oriente, Nord Africa, o alla classe lavoratrice bianca americana, che vede sparire i suoi posti di lavoro, mentre il paese diventa sempre meno bianco. La gente è disperata, e per paura abbraccia la purezza ideologica». 

Rispondere con la superficialità apre le porte all’estremismo?  
«Di certo non ci aiuta a risolvere i problemi complessi». 

Sarebbe meglio dire qualche bugia, o nascondere qualche segreto, come fanno diversi protagonisti di Purity?  
«Se sei un radicale libertario no, devi sempre rivelare tutto. Ma siamo sicuri che sia la maniera migliore di gestire la società? Cosa fanno i direttori dei giornali: pubblicano qualunque roba, o selezionano le notizie con responsabilità? E cosa fanno gli adulti con i figli? Raccontano tutto, o filtrano per il loro bene?». 

Quindi Bernie Sanders è un vecchio genitore che parla troppo?  
«È un giovane che non è mai dovuto crescere. È sempre stato un puro, ma con pochi risultati da mostrare».  

E Trump è un demagogo che sfrutta le paure della gente, fino a rievocare fantasmi del passato come il fascismo?  
«Lui è il frutto logico della democrazia digitale, mentre dovremmo affrontare le complessità della nostra epoca cercando di capirle». 

Seguendo questa linea, Hillary Clinton è la candidata più pronta a «mediare» la verità.  


«Forse un po’ troppo, nel suo caso, che poi è la ragione per cui non riesce a essere popolare. Però sembra l’unico adulto nella stanza. Non lo so, non vedo molte ragioni per essere ottimista». 

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