I morti neri ammazzati su cui nessuno indaga spuntano come funghi in questi giorni. Sarà la media frenzy (frenesia) sul caso di Trayvon Martin, ammazzato da Mark Zimmerman per una felpa con il cappuccio indossata all’ora sbagliata nella strada sbagliata. Oppure sarà perché quando un caso diventa nazionale c’è qualcun altro che ne sente parlare e denuncia, spera di ottenere attenzione o giustizia. Del resto succede anche in Italia: dopo i casi di Federico Aldrovandi e Stefano Cucchi, ne sono saltati fuori altri. Magari storie di persone che avevano un passato difficile, o già in carcere.
Con più timore delle autorità. Oggi negli Usa è il giorno di Ikeem Ruffin, 17enne ammazzato in casa a Sanford, dove è stato ucciso Trayvon. Omicidio sul quale la polizia non ha quasi indagato. La gente nera di Sanford sostiene che quando si tratta di loro la mano è pesante a sbatterli dentro e lieve se si tratta di proteggere. A New York si discute del caso dell’ex marine 68enne Kenneth Chamberlain. La polizia era arrivata a casa sua per un allarme medico (quei congegni elettronici tipo salvalavita) azionato dallo stesso Chamberlain per errore. Dopo un’ora alla porta, discussioni, qualche insulto e qualche “negro apri la porta” di troppo, l’ingresso e l’uccisione. Chamberlain non era armato. E ora, dopo settimane si discute finalmente se aprire o meno un’indagine. Sarà un Gran Jury a stabilirlo, come nel caso di Trayvon Martin. Il problema del Paese, oltre all’idea sbagliata che la polizia tende ad avere su qualsiasi afroamericano venga coinvolto in reati o sparatorie, è quello delle armi. Se non ne circolassero la polizia non troverebbe giustificazioni nel mettere così spesso la mano al cinturone. Un esempio? Ieri a Tulsa, in Oklahoma sono stati arrestate due persone. Avevano ucciso a casaccio tre persone afroamericane e ferite altre due. Persone che camminavano in strada, inermi. Jake England e Alvin Watts, bianchi, uno di 19 anni l’altro di 32, hanno sparato, dicono, perché due anni fa il padre era stato ucciso da un nero che aveva insultato in maniera razzista. Gli omicidi insomma, sono per vendetta e a sfondo razziale allo stesso tempo. Un altro caso clamoroso. Con tonalità razziste, in uno Stato arretrato e agricolo tra i più repubblicani d’America. Altri omicidi, altre uccisioni, che se non circolassero tante armi, non sarebbero capitati. In questo caso, la polizia non poteva proprio non indagare. Qui una mappa degli Hate groups, i gruppi razzisti (Ku klux klan, skinheads, white suprematists e compagnia bella) che ogni anno il Southern Poverty Law Center aggiorna.
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