lunedì 14 maggio 2012

CAPITALISMO MADE IN USA. MAZZONIS M., No le banche non sono cambiate, L'UNITA', 14 maggio 2012

La vicenda di JP Morgan, sulle pagine di tutti i giornali del mondo, ci ricorda l’urgenza di fare qualcosa per cambiare il sistema della finanza mondiale.


Impauriti dal precipitare della situazione in Europa, alla banca d’affari Usa hanno pensato di spostare gli investimenti altrove per attutire le perdite che sarebbero certamente venute dalle scelte fatte comprando buoni del Tesoro o facendo investimenti in Paesi oggi in difficoltà (Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda). Al centro della bufera c’è Ina Drew, che dirige la sede di Londra (seconda piazza finanziaria mondiale, centro d’Europa) e le sue scelte. Spostando capitali in fretta per evitare di perdere soldi, Drew ha commesso errori e probabilmente ha fatto perdere alla sua banca più di quanto non avrebbe fatto lasciando le cose com’erano. Ora JP Morgan ha perso almeno due miliardi di dollari e molte teste stanno cadendo. Il bello è che tutti i quotidiani importanti del mondo raccontano di come Drew non sia una banchiera d’assalto, una speculatrice. Di come la scelte che ha comportato la perdita fosse un tentativo di salvaguardare i soldi degli investitori. Se è così, è proprio segno che è il sistema ad essere fallato. Si era capito nel 2008 e molto poco è stato fatto per cambiare in profondità le cose. Ad esempio tornando, in America, a separare banche d’affari da banche di deposito. Era una legge emanata da Roosevelt dopo il 1929 a farlo, il Glass-Steagal Act, abolito da Clinton negli anni ruggenti della new economy. Il caso di JP Morgan mostra poi che quel che è stato fatto, in soldoni costringere le banche a non usare i soldi dei correntisti per speculare, viene aggirato grazie a una regola d’eccezione: non si può fare se non per evitare perdite eccessive. Proprio quanto capitato, almeno nella versione di JP Morgan, in questo caso. Il disastro da due miliardi se non altro riporta attenzione su un tema che scivola via dalle prime pagine non appena non c’è panico in borsa. E che dovrebbe esser al centro del dibattito politico Usa e anche europeo. Ieri Elizabeth Warren, che per Obama ha inventato l’agenzia di protezione dei risparmiatori e che oggi è candidata al Senato in Massachussetts, ha chiesto a Jamie Dimon, amministratore delegato di JP Morgan, di lasciare il suo posto nel comitato esecutivo della Federal Reserve di New York. Non è solo questione di conflitto di interesse, dice Warren, ma di potere delle banche nelle istituzioni. “Da quando il Congresso ha approvato le nuove regole per la finanza, le banche hanno fatto di tutto perché non vengano applicate o per aggirarle” dice Warren. L’idea è quella che noi prendiamo i nostri rischi, sappiamo quel che è giusto e se poi proprio le cose non vanno bene, chiederemo soldi pubblici per salvarci. Con un particolare: dopo i miliardi spesi negli ultimi anni per salvare le banche, le casse pubbliche, americane ed europee non sono esattamente piene. Qui il video dell’intervista di Warren. Obama spinge per applicare con più nettezza le regole. Speriamo. Dimenticavo: quanto ha guadagnato Ina Drew l’anno scorso? Quattordici milioni di dollari. E, ci potete scommettere, le sue dimissioni le faranno intascare un altro gruzzoletto. (PS la foto scattata il primo maggio a NYC qui sopra parla proprio di questo: sono i Tax dodgers, gli elusori di tasse, carnevalata di Occupy Wall street che richiama la squadra di baseball dei Dodgers; i Loopholes, tradotto “feritoie” sono gli espedienti, le pieghe delle leggi, che le banche usano per aggirarne l’applicazione). Domani Occupy torna a sfilare in molte città.

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