sabato 5 novembre 2011

* SCIOPERI E MOVIMENTI IN USA. COLE P., I portuali di Oakland e il movimento, IL MANIFESTO, 4 novembre 2011

Mercoledì 2 novembre, lavoratori, studenti e tanti altri cittadini hanno dato vita a Oakland, in California, al primo sciopero generale che l’America abbia visto in questo secolo.
In parte per protestare contro la recente violenza della polizia, nel complesso questo sciopero segna un evidente allargamento del maggiore movimento sociale degli ultimi decenni, quello che va sotto il nome Occupy Wall Street.
Peter Cole è Professore di storia americana alla Western Illinois university. Per gentile concessione di Counterpunch



Gli scioperi generali sono così rari nella storia degli Stati uniti che richiedono definizioni precise: qui si tratta di uno sciopero di massa che ha investito l’intera città, piuttosto che singole categorie di lavoratori. L’ultima volta che gli Usa hanno visto una simile mobilitazione è stato nel 1946, quando oltre centomila lavoratori bloccarono proprio Oakland.
Il movimento Occupy Wall Street è entrato in scena in agosto e si è presto affermato come un movimento sociale a pieno titolo, diffuso in un migliaio di località americane e in tutto il mondo. Lo sciopero generale di Oakland rappresenta però un salto di qualità perché incoraggia l’azione diretta dei lavoratori. Come è tradizione nella Baia di San Francisco, in testa allo sciopero ci sono i lavoratori della Local 10 (la sezione locale) dell’International Longshore & Warehouse Union (Ilwu), il sindacato dei portuali, che da 75 anni è l’organizzazione più progressista che ci sia in America. Come in altri momenti della storia americana moderna, dunque, la Baia di San Francisco si trova alla testa del movimento. E come in passato, la polizia di Oakland si è dimostrata particolarmente repressiva. Con esito tragico: la settimana scorsa un agente ha sparato con «arma non letale» su pacifici manifestanti, e ora un veterano della guerra in Iraq è in rianimazione.
La crescita del movimento Occupy Wall Street si spiega, in sintesi, col fatto che la crisi economica nazionale (e globale) è stata precipitata da un sistema bancario speculativo e che Wall Street è stata salvata con il denaro dei contribuenti ma ha fatto ben poco per sostenere decine di milioni di cittadini schiacciati da questa nuova Grande recessione. Intanto il gap tra il reddito e la ricchezza accumulata dall’1% degli americani e quella di tutti noi, il 99%, continua a crescere. Oggi 400 americani possiedono una ricchezza pari a quella di 150 milioni. Questa diseguaglianza crescente ha diverse cause, ma tra le più importanti c’è l’erosione del potere contrattuale dei sindacati dei lavoratori.
Con i sindacati del settore privato – la maggiore forza di giustizia sociale nel XX secolo – sotto attacco fin dagli anni ’70, sono ormai quelli del settore pubblico l’ultimo bastione delle forze progressiste nel paese. Così non sorprende che ora siano loro le vittime di una campagna finanziata e condotta da grandi aziende, dai miliardari, dai media della destra e dalla Camera di commercio Usa. La protesta spontanea che ha avuto il suo centro a Madison, in Wisconsin, la primavera scorsa, ha segnato uno dei momenti più alti dell’attivismo liberal dai tempi della Grande recessione. Il 4 aprile, anniversario dell’assassinio di Martin Luther King, la base della Local 10 a Oakland ha sfidato i suoi capi e l’intera organizzazione sindacale e bloccato i porti della Baia di San Francisco per 24 ore, anche se il loro sciopero quel giorno ha avuto ben poca copertura dei media.
Il sindacato Ilwu e la sua sezione nella Baia di San Francisco, la Local 10, forza trainante del movimento dei portuali fin dagli anni 1930, hanno una storia di attivismo politico notevole. Bloccarono le navi provenienti dai paesi fascisti negli anni ’30 e poi quelle del Cile di Pinochet negli anni ’70. Rifiutarono di scaricare i cargo del Sudafrica durante l’apartheid dagli anni ’60 agli ’80. Il primo maggio del 2008 promossero il blocco di tutti i porti Usa sulla costa del Pacifico contro la guerra in Afghanistan e in Iraq. Come oggi, i lavoratori della Local 10 furono repressi brutalmente dalla polizia nel 2003 mentre protestavano contro l’invasione del’Iraq. Questa volta allo sciopero si sono uniti insegnanti, operai edili e altri sindacati – ma è quando si ferma il porto di Oakland che l’intera economia globale ne risente. Il sistema di trasporti infatti resta al centro dell’economia globale, proprio quella che il movimento Occupy Wall street sta sfidando.
Con lo sciopero di mercoledì, il movimento OWS si estende dunque alle organizzazioni dei lavoratori: questo rende possibile un cambiamento più profondo. Migliaia di lavoratori – sindacalizzati e non, di imprese private e pubbliche – hanno aderito. Sembra che sia tornato a risuonare un vecchio slogan dei movimenti di lavoratori, «da che parte stai».

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