martedì 12 giugno 2012

GUERRE AMERICANE. MAZZONIS M.,La guerra di Obama in Yemen, L'UNITA', 12 giugno 2012

Ecco un tema destinato a far discutere. Il professore di legge Obama che da almeno un paio d’anni usa in maniera piuttosto allegra i droni e gli attacchi mirati contro gruppi o singoli affiliati ad al Qaeda. Con qualche conseguenza sulle vite civili e sul rispetto/tenuta delle leggi internazionali. La New America Foundation ha appena pubblicato questi dati dai quali si evince che sotto la presidenza Obama i droni hanno attaccato in Yemen decine di volte uccidendo un numero di persone che oscilla tra i 531 e i 779. Quasi tutti militanti, ma non solo: un numero che oscilla tra il 4 e l’8,5% erano civili.


Questi attacchi sono stati senza dubbio efficaci dal punto di vista della guerra al terrore in versione Obama: tra Pakistan e Yemen la rete di comando è stata quasi smantellata. Tra i morti yemeniti ci sono lo yemenita-americano Anwar al-Awlaki e Fahd al-Quso coinvolti nell’attacco alla nave militare USS Cole nel 2000. L’uccisione del primo, cittadio Usa, autorizzata da Obama, ha fatto molto scalpore. Resta il fatto che l’amministrazione Obama e il presidente abbiano scelto una linea dura e poco rispettosa delle leggi internazionali per perseguire la loro guerra ai nemici terroristi. Si tratta di una filosofia militare prima adottata in Afghanistan con le tecniche di contro insurrezione e poi trasferita su scala globale. Non a caso il generale Petraeus che ha per primo implementato quelle tecniche in guerra è stato nominato capo della CIA (e non del Pentagono). Ieri il comandante a Kabul, Allen, ha promesso che non userà più aerei contro obbiettivi civili (case) dopo che per errore sono morte altre 18 persone. Questo non implica un cambio di strategia in Pakistan e al confine, dove gli attacchi con i droni continueranno. Tanto più, che sempre ieri, il Pentagono ha annunciato di aver interrotto le discussioni con il Pakistan sulla ripresa dei rifornimenti militari attraverso quel Paese. Islambad non fa nulla, dicono al Pentagono, contro il clan Haqqani, più armato, cattivo e poco a disposto a trattare dei talebani. Resta il problema che gli attacchi non sono un bel modo di dimostrare al mondo che gli Usa sono per la democrazia e i diritti umani. Il tema viene dibattuto sui media progressisti e di sinistra e non aiuta le prospettive di rielezione del presidente (che in cambio può vantare un recordo da campione dell anti-terrorismo, non lasciando il fianco scoperto ai repubblicani….siamo alle solite).

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