domenica 8 aprile 2012

CAPITALISMO USA E MERITOCRAZIA. MAZZONIS M., Merito? Quale merito?, L'UNITA', 8 aprile 2012

“Mentre leggete questa frase avete guadagnato cento dollari”. Il NYT di stamane pubblica una classifica dei redditi degli amministratori delegati più pagati d’America. Sono cifre da capogiro e l’articolo comincia più o meno come questo post. Il più ricco di tutti è il nuovo capo della Apple, Timothy Cook. Con i suoi 378 milioni di salario si comprano quasi due milioni di telefonini prodotti dalla casa di Cupertino. Con una particolarità rispetto ad altri superstipendi: quello di Cook è pagato sopratutto in azioni, ma è di 300 milioni più alto del numero due.


Cook è un fuori quota. Ovvero, in qualche forma legato alla performance – anche se finanziari del gruppo. Certo, se le azioni crollassero, Cook guadagnerebbe comunque una fortuna. Dietro di lui ci sono finanzieri, petrolieri, catene di negozi e superstor ein grande crisi, compagnie IT. Qui trovate l’elenco interattivo, si può giocare con il settore, l’aumento di profitti della compagnia e così via. Alcune cose vanno notate: le paghe sono tutte fuori misura e non coincidono con la performance della compagnia né con l’andamento della ricchezza del resto della società: se la ricchezza media cresce mettiamo del 10%, sarebbe normale che i salari dei più ricchi crescessero della stessa quantità. Non è così. Se la compagnia guadagna o perde, non conta: come per gli allenatori di calcio, se uno viene cacciato, prende un superbonus per andarsene. Il salario medio dei CEO è 14,4 milioni, contro i 45mila dollari del salario medio americano. Infine, il modo di pagare varia molto: c’è chi guadagna un salario fisso alto e una quota di azioni, chi quasi solo azioni. Attenzione: in questa classifica non sono inclusi i manager degli hedge fund: i 25 più ricchi tra questi hanno guadagnato una media di 235 milioni a testa. Meno che nel 2009 e 2010. Il che grida vendetta, visto che questi sono gli anni più duri della crisi. Il NYT fa anche riferimento a uno studio di cui avevo già dato conto qui: l’1% ha incamerato il 93% della ricchezza prodotta nell’ultimo anno. Un altro di Georgetown University, dopo aver analizzato i dati sui redditi, scopre che: aver studiato tende a determinare quanto si guadagna (più titoli, più soldi), a parità di mansione le donne guadagnano meno degli uomini (meno distanza tra chi ha studiato), a parità di titolo di studio latinos e afroamericani guadagnano meno di asiatici e bianchi. Insomma, dlla super-ricchezza degli amministratori delegati, passando per il genere, il mondo del lavoro resta un mondo pieno di diseguaglianze. In tempi così duri è più difficile da accettare. Persino nella terra della competizione e del profitto. Sarà questo uno dei temi della campagna elettorale, anche se, alla resa dei conti, nessun presidente o Congresso andrà mai oltre una certa soglia nel colpire questi meccanismi. (Il dollaro della foto qui sopra è parte di una campagna lanciata da qualcuno interno a OWS, i dollari sono stampigliati con dati sulla distribuzione della ricchezza e fatti circolare. Li trovate a Occupy George

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